Poggiomarino. Il caso del villaggio protostorico arriva in Parlamento

gallo

Poggiomarino (NA). – Il caso del villaggio protostorico di Poggiomarino, scoperto casualmente da alcuni operai nel 2000 e poi inspiegabilmente abbandonato causandone il deterioramento irreversibile, sbarca in Parlamento. Il deputato campano  Luigi Gallo ha depositato una interrogazione rivolta al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per approfondire cause e responsabilità dell’ennesimo caso di incuria italiana.

 

“E’ inaccettabile come un sito di incomparabile bellezza e valore storico sia stato completamente abbandonato ed esposto ad azioni di vandalismo  nonchè agli agenti atmosferici che ogni giorno ne minano l’integrità” afferma Gallo che rincara la dose: “La Commissione Cultura M5S si occuperà anche di questo caso come si è già occupata dei casi della Reggia di Caserta e del sito archeologico di Pompei”.

 

L’interrogazione sulla valorizzazione del sito archeologico in località Longola di Poggiomarino nasce a seguito di un incontro pubblico con gli attivisti del Movimento 5 Stelle di Poggiomarino.

 

La vicenda risale all’anno 2000 quando, durante i lavori per la costruzione di un depuratore in località Longola in Poggiomarino (NA), per disinquinare le acque del fiume Sarno, alcuni operai si sono trovati di fronte al clamoroso rinvenimento di un villaggio protostorico di circa 8 ettari, risalente all’Età del Bronzo (circa 3500 anni fa).

 

La scoperta ha portato alla luce reperti di immenso valore storico-artistico ma la sua eccezionalità è dovuta soprattutto al rinvenimento di resti in legno quali pali e tavole delle capanne, delle canoe e dei recinti; tali elementi, infatti, raramente si recuperano durante gli scavi, perché molto delicati e soggetti ad un deperimento rapido. Secondo gli esperti, in questo caso, la presenza di una falda freatica ha portato alla formazione di un ambiente anaerobico, che ha permesso un’ottima conservazione anche dopo migliaia di anni.

 

Le indagini archeologiche hanno inoltre restituito tralci di vite residui dalla potatura, ammassi di acini, vinaccioli, pedicelli e raspi dimostrando che questi uomini (i Sarrastri, decantati già da Virgilio) coltivavano la vite e pigiavano l’uva già durante l’Età del Bronzo.

 

Tale sito ad oggi risulta completamente in stato di abbandono. Al Ministero viene chiesto di rispondere chiarendo quali provvedimenti la soprintendenza abbia progettato di adottare per la valorizzazione e conservazione del sito e di fare luce su cause e responsabilità di una vicenda a tratti oscura che ha già causato il deterioramento irreversibile di parte di un sito unico al mondo.

Redazione Politica

Lascia un commento

Powered by ODDERS Communication Agency