Honor Bound: “Volevano che mentissi per incastrare Amanda”

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Honor Bound. Raffaele Sollecito così intitola il suo libro-rivelatore. Il giovane accusato insieme alla sua ragazza dell’ omicidio di Meredith Kercher e condannato in primo grado a 25 anni, racconta e denuncia.

La storia di Meredith angosciò il Paese. La storia di Raffaele e Amanda lo divise. Condannati, imprigionati poi assolti.

Volevano che mentissi per  incastrare Amanda”. Così racconta nel libro in uscita negli Stati Unti, come si svolsero le indagini per la morte della giovane studentessa inglese. Denuncia una trattativa voluta da un avvocato vicino alla pubblica accusa: doveva dire di non sapere cosa Amanda avesse fatto quella fatidica sera del primo novembre 2007. Ammettendo così la sola copertura offerta ad Amanda, Sollecito sarebbe uscito prima da galera. I guai sarebbero stati tutti di Amanda. Avvalorare le accuse di  omicidio nei confronti di Amanda sarebbe stato per Sollecito l’uscita di galera:  “Raffaele potrebbe ricevere una condanna da 6 a 12 anni – disse l’avvocato allo zio – ma poiché non ha precedenti penali avrebbe la condizionale e dunque uscirebbe senza fare altra prigione”.

L’uomo accusato della “trattativa” sarebbe il pm Giuliano Mignini,  “disposto anche a riconoscere che ero innocente se gli avessi dato qualcosa in cambio”.

Ma racconta anche di come la famiglia lo “martellasse sulle spalle”.

Non ho piu’ la forza di sopportare il vostro desiderio di incolpare Amanda di cose di cui non e’ responsabile e che non merita”. A tutti i costi “legato all’onore”, Sollecito, così, un giorno, scrisse dal carcere a sua zia Magda.

E poi il racconto della notte degli interrogatori. Scrive di aver sentito “i poliziotti urlare addosso ad Amanda, i pianti e i singhiozzi” della ragazza: “Pensavo che la Polizia fosse fatta di onesti difensori della pubblica sicurezza, ma questi mi sembrava che si comportassero piu’ come dei banditi”. Poi rivolti a lui, scrive che i poliziotti avrebbero detto: “Se provi ad alzarti e andartene, ti pesto a sangue e ti ammazzo. Ti lascio in una pozza di sangue”.

Scrive inoltre che la “polizia, che registrava assolutamente tutto quello riguardava me e Amanda, sostiene di non aver registrato proprio gli interrogatori di quella notte. Quello che ricordo bene è il modo, il tono, di quell’interrogatorio, perché mi spaventò a morte, ed ebbe un impatto catastrofico”.

Intanto Mignini nel pomeriggio di ieri, martedì, ha smentito tutto “riservandosi ogni azione legale” contro di lui.

Oltre alla  grandissima prospettiva delle copie vendute, Sollecito getta ombra sulla giustizia italiana. E ciò che resta più di tutto è una giovane ragazza uccisa e il suo assassino in libertà.

Miriam De Vita

 

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